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la Città di Sciacca

Nell'ambito della provincia di Agrigento e del comprensorio sud-occidentale della Sicilia, Sciacca ricopre un ruolo di primo piano per la diversificazione dell'offerta turistica, che spazia dai beni culturali, a quelli ambientali e paesaggistici, a quelli naturali nei più variegati aspetti.

La maggiore concentrazione di edifici monumentali, sacri e civili, della provincia con il loro ricchissimo corredo di beni storico-artistici è offerta dal centro storico, che mantiene buona parte della cinta muraria cinquecentesca e tre delle cinque porte civiche ancora pressochè intatte. A questo si aggiungono le risorse termali, che presentano caratteristiche di unicità nelle stufe vaporose, il patrimonio delle tradizioni e delle manifestazioni religiose, dell'arte della ceramica, degli stessi prodotti agricoli e marinari, del turismo gastronomico ed enologico, della marineria e della nautica da diporto, e del Carnevale, che rendono la città una delle mete di maggior interesse per i vitatori. Un po’ di storia… Il nome Sciacca potrebbe derivare dal vocabolo arabo “Syac” che significa “bagno”, o, come altri toponimi siciliani simili, da “al Saqqah”, “fessura”, entrambi ricollegabili anche alla presenza dei fenomeni termali. Gli insediamenti umani più antichi riscontrati in prossimità della città, risalgono al periodo neolitico e sono stati rinvenuti all'interno delle grotte vaporose del Monte Kronio.

Interessanti, nel territorio ad oriente della città, la necropoli a pozzetto di contrada Tranchina dell'età del rame e il dolmen di contrada La Lumia. Furono i greci della vicina Selinunte a sfruttare per primi le proprietà terapeutiche delle stufe naturali e a formare un primo borgo. Con i Romani, sotto l'imperatore Diocleziano, fu sede di un'importante stazione di posa. Gli Arabi, nel IX secolo, trasformarono il piccolo agglomerato di case in una delle 22 città più importanti della Sicilia e il porto divenne uno tra i più attivi per l'esportazione del grano. Nel 1101 fu donata dal conte normanno Ruggero I alla figlia Giulietta che la arricchì di chiese e monasteri; furono innalzate le mura e costruito il Castello Vecchio. Ebbe un ruolo decisivo nella guerra del Vespro, resistendo all'assedio angioino e nella pace di Caltabellotta che ne seguì nel 1302. Nel 1400, il matrimonio tra Margherita Peralta e Artale Luna fu la causa di lunghe e sanguinose lotte tra la famiglia Luna d'origine catalana e i Perollo, di origine normanna, che si protrassero fino al 1529 e diedero vita al famoso “caso di Sciacca”. Fu protagonista nel luglio del 1831 di un evento geologico straordinario: dal suo mare emerse un isola vulcanica, l'Isola Ferdinandea, oggetto di una controversia tra inglesi e borboni per il suo possesso, ma che solo dopo sei mesi s'inabissò. La ceramica I ceramisti di Sciacca del Cinquecento, al pari dei loro predecessori, seppero quasi tutti elevare la ceramica siciliana ad autentica espressione d'arte. Verso il 1580, Vincenzo di Marco, alias Bruno, maestro ceramista saccense si trasferì a Palermo; qualche anno dopo, anche i fratelli lo Boj installarono officine nella capitale dell'isola allo scopo di produrvi maioliche, come del resto facevano nella loro Sciacca. In quello stesso periodo, l'attività delle officine maiolicare saccensi si irradiava a Trapani, ad opera del ceramista Nicolao Lu Xuto yunior. Lu Xuto di Sciacca li produsse -stando ad alcuni studiosi della ceramica siciliana- vasellame e altri manufatti nello stile in voga a Sciacca e in Sicilia.

I Lo Boj a Palermo e a Sciacca, sfornarono maioliche che imitavano quelle delle officine napoletane, veneziane e faentine: albarelli e boccioni, soprattutto, ma anche altri maiolicari saccensi ne produssero nello stile di Faenza. A Sciacca, nella metà del '500, per quella pressante presenza di maiolicari di origine ligure, si era avuta una certa adesione alla decorazione di pura marca albisolese e durantina, con il maiolicaro padre Francesco De Xuto (o Lu Xuto), autore, tra l'altro del quadro maiolicato con la figura di San Calogero esistente tutt'ora nell'antro di Monte Kronio. A differenza dei ceramisti d'oggi, i maestri del secolo XVII preparavano i colori, gli smalti, le cristalline con grande scrupolo: splendidi gialli, bruni, verdi, che ora possiamo giudicare osservando le maioliche di Urbino, di Pesaro, di Faenza, di Albisola, di Venezia, di Napoli e della Sicilia. Fino al 1630 la maiolica di Sciacca non subì mai alcun arresto, né lasciò posto alla produzione caltagironese e alla burgitana, né alla palermitana già in crisi. Attivi nel 1630, nelle officine di Sciacca furono i ceramisti Calogero Trisca, Stefano lo Boj, Gaspare e Vito Giuffrida, Pietro e Vincenzo Daidone, figli di maestro Stefano Daidone. Stefano Daidone senior era giunto a Sciacca da Caltagirone nel 1611 per offrire il proprio lavoro di ceramista al maiolicaro saccense orientale quanto nella occidentale, ma anche in qualche centro del Napoletano. La produzione artistica del maiolicaro Giuseppe Bonachia è nota, oggi, soltanto attraverso i quadri maiolicati dell'ex cappella dei Mercanti genovesi (dedicata a san Giorgio) residenti a Sciacca, raffiguranti scene di Santi, del Vecchio e Nuovo Testamento. Il corallo Tra la fine dell'ottocento e i primi del novecento, Sciacca fu protagonista della scoperta di ingenti banchi corallini, il cui corallo, raccolto intensivamente fra il 1875 e il 1887, già da allora, fu riconosciuto come tra i più pregiati per la particolare duttilità della materia e per lo splendido color salmone dall'intenso al pallidissimo che lo caratterizza. Presenta a volte macchie di colore giallo tendente al bruno e al nero.

Il corallo di Sciacca, una varietà del corallinum rubrum, giaceva ammassato in enorme quantità su fondo fangoso, non ha conformazione a cespi, ma rami lunghi e affusolati dello spessore di circa mm. 6-8 . Oggi a Sciacca sono presenti numerose attività commerciali del Corallo che si distinguono per la grande qualità dei prodotti realizzati artigianalmente.

Le Terme Le Terme di Sciacca hanno origini antichissime. La leggenda vuole che Dedalo in fuga da Creta, fermatosi nelle vicinanze delle grotte vaporose, avendone scoperto l'uso curativo, le sistemasse costruendo l'antro con sedili intagliati nella pietra. La frequentazione delle grotte del Monte Kronio a scopo terapeutico risalirebbe ai greci, quello dello sfruttamento delle acque ai romani, veri realizzatori di una cultura termale. Il fenomeno, alimentato da un'attività di vulcanismo secondario sotterranea, si manifesta in superficie con un ricco patrimonio idro-termale, che fa di Sciacca una stazione termale di primaria grandezza, la cui efficacia terapeutica è oggi ampiamente provata e riconosciuta. All'interno delle grotte o stufe di San Calogero l'atmosfera, satura di vapore acqueo, raggiunge la temperatura di 40° C.

La cura essudatoria è indicata principalmente per dolori reumatici. Diverse sono le caratteristiche delle acque e le loro proprietà curative.

La più importante è l'acqua sulfurea che sgorga dalla Valle dei Bagni, che, convogliata nell'antico stabilimento termale di recente restaurato, alimenta delle vasche dove è posto a maturare il fango utilizzato per la fangoterapia. Nello stesso luogo sgorga la sorgente dell'acqua “Santa”, un'acqua minerale considerata un toccasana per la diuresi. Poco distante da lì, vicino al mare, è stato riaperto da qualche anno con una struttura ampia e moderna lo stabilimento dei Molinelli, dove in vaste piscine sono state convogliate le acque salso-bromo-iodiche della vicina sorgente, indicate per i problemi dermatologici.

Le Terme rimangono aperte tutto l'anno e le cure si praticano all'interno del nuovo stabilimento sito sul lungomare, sopra la rupe di Coda della Volpe, edificio liberty risalente agli anni Trenta. Tutte sono convenzionate con il Serv. Sanitario Nazionale.

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